Camerun meravigliosa insopportabile avventura
Perché organizzare, tra mille difficoltà, un tour in Africa nera con moto d’epoca?
Perché, nonostante ne abbiamo fatte tante, a noi piace sempre la sfida… e che sfida!!!
Travolti dall’entusiasmo non abbiamo fatto bene i conti con l’Africa, capiamo subito che organizzare spedizione e rimpatrio delle moto non è una sciocchezza, inoltre in Camerun ci sarà indispensabile un furgone, carte stradalie informazioni sulla percorribilità (solo il 13% delle strade è asfaltato), su alberghi e ristoranti non troppo “africa style” e quant’altro indispensabile alla pianificazione del viaggio. Durante i preparativi il morale è altalenante per le numerose difficoltà, ma la determinazione non vacilla neppure un attimo. Siamo persuasi d’aver valutato con criterio, il Camerun offre tutto quanto si può desiderare: foreste pluviali e spiagge incantevoli, affioramenti rocciosi, colline terrazzate e piccoli villaggi fiabeschi e la presenza di differenti popolazioni indigene, rende il paese culturalmente uno dei più ricchi ed eterogenei dell’intero continente africano; vanta inoltre una vivace tradizione artistica e musicale e sono ancora vive usanze e antichi riti tribali. Finalmente il 27 dicembre nel porto di Livorno, sotto una pioggia battente, carichiamo il container e, chiuso il portellone ci diciamo: “è fatta”! Non possiamo certo immaginare che a Douala per la lentezza esasperante, immotivata ed ostacolante dei burocrati, per riaprirlo, avremmo impiegato 12 giorni, per un lavoro di 6 ore, pellegrinando da un ufficio all’altro nell’ insopportabile caldo umido della città.
Sabato 12 febbraioDouala Arrivano “i nostri” ora ci siamo, abbiamo le moto, abbiamo furgone autista e aiuto autista visto che in Africa … two it’s “mei che” one, abbiamo anche un LAISSER PASSER SPECIAL fornitoci dal Generale Ngambou che, in pratica, ci consentirà di “passare-senza-pagare-tangenti-alla-polizia”….c’est l’Afrique!!! Tutto questo lo dobbiamo all’amico Pierre Biliga un gioviale, simpatico camerunese che ha studiato in Italia e continua a intrattenere, da oltre 20 anni, rapporti commerciali con il nostro paese e, senza l’aiuto del quale, sarebbe stata “troppo dura”.
Domenica 13 febbraio Douala La giornata trascorre placida acclimatando i nuovi arrivati (obbiettivo difficile con temperature di 35/38° e 90% di umidità) preparando le moto e affiatando il gruppo (obbiettivo facile con l’aiuto di un ottimo pasto e di alcune birre).
Lunedi 14 febbraio Bene, ora ci occorre solo l’assicurazione, la nostra italiana non è riconosciuta … ma che per stipulare una polizza ci voglia un giorno intero?!?
Martedì 15 febbraio Douala – Limbe – Kumbakm 222Pronti si và!!! Ehm … appena fuori il cancello proprio la moto di Maurizio The President si spegne e non ne vuole sapere. Dopo almeno 20 “pedalate” (con 35° all’ombra casco in testa e vestiti di tutto punto) si cerca la discesa, poi la spinta poi…il cacciavite! Meno male che è solo un filo distaccatosi dentro al fanale. Allora adesso si và davvero verso Limbe, ma….. un momento, c’è Gianni fermo sul ciglio della strada perché la carburazione particolarmente grassa ha risentito del gran caldo umido e imbrattato la candela … e abbiamo percorso si e no 1 km...Si riparte ma dopo altri 700/800 m. tocca a Daniele… incomincio a pensare al Vudù che qui è usanza!Fatti i debiti scongiuri ripartiamo veloci per raggiungere gli altri. Eccoli, sono fermi al primo posto di blocco appena fuori Douala, hanno già consegnato i passaporti ai poliziotti, che li circondano sghignazzando, con un arroganza quasi caricaturale. Estraggo come fosse un’arma il LAISSER PASSER SPECIAL con il suo bel timbro rosso, splendente dentro la busta di plastica dove l’ho riposto come un cimelio. Il poliziotto sconcertato lo prende, lo legge almeno due volte e si lascia scappare un: “Merde” vedendo svanire la possibilità di estorsione. Sento l’ indignazione montarmi dentro poiché sabato, tornando dall’aeroporto, coi compagni arrivati dall’Italia, la polizia,Kalashnikov alla mano, ferma il taxi, chiede i documenti e, poiché il mio passaporto è rimasto a Maurizio salito con altri compagni in un secondo taxi, mi fanno scendere affiancandomi con i Kalashnikov ben in mostra, dicono all’autista di ripartire con i miei amici che … loro coi colleghi che mi indicano, sull’altro lato della strada… e sono molti… mi condurranno al Comando “da sola”. Dopo allusioni e intimidazioni, piuttosto persuasive e l’esborso di una bella cifretta mi lasciano andare. Davvero un gran brutto momento!!! Oggi, fiera del potere conferitomi dal “Laisser Passer Special”, quasi gli strappo di mano documento e passaporti incenerendolo con lo sguardo. Rimonto in sella ordinando al gruppo di ripartire rapidamente mentre, in modo del tutto autonomo, mi si alza il dito medio della mano destra in direzione del manipolo di poliziotti. Davvero un gran bel momento!!! Riprendiamo piuttosto compiaciuti il viaggio lungo la costa fiancheggiando sconfinate coltivazioni di alberi della gomma, bananeti e palmeti. Ci dirigiamo a Limbe, località di mare dalle spiagge di nera sabbia vulcanica, cui fanno sfondo i verdeggianti ripidi pendii del Monte Camerun un cono di oltre 4000 mt. La visibilità è molto ridotta dall’umidità e dall’harmattan (vento che soffia durante la stagione secca da novembre a marzo su gran parte dell’Africa occidentale portando con sé la sabbia del Sahara) e, che siamo ai piedi di un vulcano, lo dobbiamo credere sulla parola. Nera la sabbia, plumbeo il mare, nebbiosa l’atmosfera di uno dei luoghi più umidi e piovosi del mondo, niente ci invita a restare e dopo una breve sosta e un’occhiata all’enorme e tristissima colata lavica, fuoriuscita nel 1999, ripartiamo diretti verso l’interno dove incontriamo numerosi coltivatori che, richiamati dal frastuono delle nostre marmitte ci osservano curiosi, sono intenti a staccare dalle palme da olio, i bei grappoli rosso bruno che accatastano lungo il bordo della strada. Abbastanza stanchi e vogliosi di una doccia e di un buon pasto (il pranzo è consistito in qualche banana acquistata per strada e mangiata col casco in testa) approdiamo in albergo a Kumba arrivandovi dopo 3 km di perigliosa strada sterrata che sembra condurre nel nulla. Per contrattare il prezzo e ottenere le chiavi delle camere, in questo villaggio di bungalow in muratura, che, giudichiamo alquanto essenziali, ma che le successive esperienze ci faranno rivalutare, ci vuole più di un’ora, attendiamo pazienti e impotenti … adeguandoci all’Africa. Iniziata con qualche problemuccio alle moto che ci ha fatto pensare a “una vita di stenti e tormenti”, questa nostra prima ragguardevole tappa si è poi mutata in una serena giornata di “assaggio” delle sconnesse e polverose strade camerunesi e dei primi chilometri di sterrato.
Mercoledì 16 febbraio Kumba – Loum - Dschang km 155 Kumba al mattino ci si presenta avvolta da una nebbia degna della Val Padana, ma è il caldo soffocante a sconvolgerci! Animo, si parte! Subito, c’è qualcuno fermo sul ciglio della strada, la moto di Daniele ha la batteria scarica, in un attimo la sostituiamo con una di scorta, si và, e immediatamente si fa dura. Da Kumba a Loum percorriamo un discreto tratto di sterrato, interamente avvolti da una nuvola di polvere rossa, notevolmente alimentata dallo sfrecciare dei numerosi “taxi brousse” (pulmini), un variopinto insieme di lamiere acciaccate che trasporta uno spropositato numero di persone accalcate all’interno con, legate sul tetto, sghembe montagne di merci, con sopra capre e galline e gli immancabili caschi di banane plantain. Considerato lo stato delle strade, dei mezzi, la folle velocità, l’enorme sovraccarico, ci convinciamo presto della bravura (o folle incoscienza) dei fenomenali autisti, gran suonatori di clacson che, sorpresi e curiosi di vederci, dopo brusche sterzate, rallentano e si sbracciano per salutare e, saranno anche simpatici … ma non a noi!!! Diretti a nord oltrepassiamo piccoli villaggi fatti di povere case di paglia e fango coi tetti in lamiera ondulata dove, davanti agli ingressi, la tapioca messa ad essiccare forma bianchi tappeti e ci basta percorrere poche decine di chilometri, aumentando l’altitudine cambiano paesaggio e colture. Ora costeggiamo estese piantagioni di caffé e di cotone, vediamo le donne nei cortili intente a liberare il caffé, steso ad asciugare, dalle impurità facendolo cadere dall’alto di grandi catini così che il vento porti lontano le scorie, mentre i nugoli di bambini che le attorniano salutano festosi il nostro passaggio. All’improvviso lungo uno sterrato che sembra condurre nel nulla, un uomo munito di bandiera rossa ci ferma, la strada è chiusa da una sbarra, ci spiega che resterà chiusa fino alle 18.00 per i lavori di ampliamento della carreggiata che porta a Dschang. Sono le 13.00 siamo accaldati, impolverati, affamati e bloccati sotto il sole su questo viottolo di campagna distante chilometri da tutto! Prima reazione: incredulità e rabbia, poi operiamo qualche tentativo di persuasione, infine ci rassegniamo ad attendere ed esaminiamo quello che c’è di commestibil-europeo in vendita (spinti più dalla fame che dall’appetibilità) presso il gruppetto di donne che, all’ombra dell’unico albero presente, ha improvvisato un punto-di-ristoro per quelli come noi bloccati dai lavori in corso. I nostri compagni guardano, dapprima con diffidenza poi, spinti dalla fame e convinti dalle rassicurazioni, divorano quello che c’è. Inaspettatamente dopo solo due ore aprono la sbarra e ci fanno passare. Mettiamo in moto e ci avviamo constatando sorpresi che, in sella ai loro motorini coreani e cinesi, i motociclisti locali si “ingaggiano” con noi. Sono agguerriti e anche se sono in 2 (più le merci) spesso in 3 o qualcuno è solo ma pesa ben oltre i 120kg, sbirciano con la coda dell’occhio le mosse degli antagonisti (che siamo noi) e non disdegnano di tagliarci la strada, già è molto se non mettono fuori la gamba! La competizione è all’ultimo filo di gas, purtroppo, per loro, i nostri scrambler superano di molto i loro Kimko in potenza, accelerazione, tenuta e conducibilità favoriti anche dal “legittimo numero dei passeggeri” e dalla ripida salita. Non c’è storia! Uno alla volta perdiamo gli avversari che hanno lottato strenuamente e ne usciamo vincitori! Causa la competizione, l’impegnativo fondo stradale sabbioso e pieno di detriti, la presenza delle enormi macchine movimento terra che lavorano numerose lungo la strada (con licenza d’uccidere), ci perdiamo “l’imperdibile” panorama visibile da questo passo montano ricoperto dalla giungla tropicale camerunese…. però abbiamo difeso l’onore del motociclismo italiano. Arriviamo a Dschang, una caotica cittadina situata sul versante sud-est dei monti Bamboutos a 1400 m d’altezza, quasi al tramonto. Al distributore di benzina al centro del paese veniamo accolti neanche fossimo i vincitori della “Paris-Dakar”. Le moto sono studiate e ammirate dalla marea di gente accorsa a vedere e i commenti del tipo: “queste Ducatì si che sono moto altrochè i Kimkò ” ci fanno tenerezza. Arriviamo all’albergo sognando una sistemazione accogliente e un tuffo in piscina (dove invece troviamo alghe e rane) e agli chalet “europeggianti” (costruiti da europei bloccati in Camerun dall’imperversare della seconda guerra mondiale) in oltre 50 anni, è stata fatta ben poca manutenzione. La contrattazione per avere gli chalet meno dimessi (sparsi però all’interno di un vecchio parco dall’aspetto curato) e ottenere un prezzo ragionevole, si protrae fino allo sfinimento e ne usciamo, prima di notte, solo grazie l’intervento mediatore di Riccardo (albergatore romagnolo … conosce la materia) potendoci così sistemare alla meno-peggio e provvedere alla manutenzione di “uomini e cose”. La serata volge al meglio, la cena è buona e la sala del ristorante in stile coloniale (rigorosamente d’epoca) è addirittura chic inoltre, sentire sulla pelle il venticello fresco della sera, dopo tanti giorni di caldo opprimente, è una bella sensazione.
Giovedì 17 febbraioDschang – Mbouda - Bamendakm 114 Breefing con indicazioni sul percorso e si parte iniziando, finalmente, con un tratto di asfalto piuttosto buono. Non ci sembra vero e, “uno dei nostri” non riesce a vincere la voglia di correre proseguendo diritto alla massima velocità quando bisogna girare a destra, e gli altri? Tutti dietro!!! Qualcuno prova a fermare il gruppetto in testa, ma questi, credendo “nell’ingaggio” si slogano il polso per non farsi superare e … la corsa prosegue. Intanto io e Maury aspettiamo tutti all’inizio dello sterrato che dovremo percorrere e … il tempo passa. Quando recuperiamo il gruppo Maurizio si prodiga in una lezione del tipo: consigli–sull’uso-degli-specchietti-retrovisori, che si rivelerà efficace poiché non succederà più. Andiamo avanti verso Mbouda, sempre sullo sterrato, attraversando numerosi villaggi rurali e rimaniamo subito affascinati dalla amabilità dei contadini intenti al lavoro dei campi che salutano il nostro passaggio. Poco prima di Bamenda, capoluogoanglofono della provincia nord-occidentale, ci raggiunge Evariste, ragazzo camerunese, gran viaggiatore, conosciuto a Douala cui fa piacere accompagnarci durante il tour con la sua Honda Dominator. Si rivelerà un caro amico, un ottimo compagno di avventura e un eccellente procacciatore di ananas e banane che spesso sono state il nostro pasto quando, attraversando zone rurali o piccoli villaggi, altro non c’era. Benché la città, situata a 1000 mt di altitudine, non sia particolarmente suggestiva (ma è perlomeno fresca) essa rappresenta un’ottima base per esplorare i dintorni di questa zona che, lo splendido paesaggio collinare, i ritmi di vita tranquilli e la gente cordiale rendono una delle più affascinanti del Camerun. Dopo aver girato a lungo la città invano, alla ricerca di un alloggio confortevole, decidiamo di pernottare in una “basic” ma accogliente missione cattolica gestita da suore, ma dobbiamo guadarcela!!! Ci si arriva dopo aver percorso la più difficile e pericolosa strada sterrata, per giunta in salita, pensabile che mettendo tutti a dura prova riesce a far “scivolare” due dei nostri fortunatamente senza conseguenze. La sera la trascorriamo allegramente al ristorante camerunese coi nostri nuovi amici di Bamenda ed alcuni sconosciuti aggregatisi che risultano … “portoghesi”. Ordiniamo, per la prima volta, cibi tipici della cucina locale come il foufou (plantain fermentata cotta e passata), capitaine (pesce persico del Nilo) gari (polenta di farina di tapioca), sono semplici e privi di sapore tranne il “pesce in salsa bavosa” che di sapore disgustoso ne ha anche troppo. Bene, abbiamo assolto il dovere culturale di assaggiare la cucina strettamente camerunese, non è detto che dobbiamo continuare!
Venerdì 18 febbraioBamenda – Bali – Bafut – Bamenda km 103 Impiegheremo i prossimi due giorni per esplorare i dintorni, vorremmo impiegarli da subito …ma al mattino, gli autisti ci comunicano che al furgone si devono sostituire le pastiglie dei freni, nel più rigoroso Africa style … ci vogliono ore. Ci dirigiamo a Bali, uno dei più importanti regni tradizionali della zona, ma del regno c’è rimasto poco di interessante da vedere mentre, ci consigliano, di visitare un importante centro artigianale. Raggiuntolo constatiamo che, anche mettendoci tutta la nostra buona volontà, non riusciremo a spendere in souvenir che pochi euro, forse il viaggio non valeva la benzina usata fino a che … usciti dalla vicina scuola non si riversano sull’ampio prato del centro una vera e propria marea di bambini attorniandoci. Alcuni, probabilmente per vincere imbarazzo e timidezza causata dagli strani visitatori sono fin troppo esuberanti, gli altri, specialmente i più piccini, ci osservano interessati ma timorosi, con i magnifici scuri occhi liquidi che solo i bambini africani hanno, così profondi ed espressivi.Ne siamo subito conquistati ed ecco l’idea!!! Daniele coadiuvato da Maurizio organizza i bambini in due squadre, maschi da un lato e femmine dall’altro e dà inizio alla più chiassosa, scomposta e divertente partita a rubabandiera alla quale io abbia mai assistito e che va avanti fino allo sfinimento, probabilmente non dimenticheranno presto quello strano gruppo di stranieri in moto che hanno giocato con loro, come noi non dimenticheremo loro anche perchè quando ci congediamo iniziando ad allontanarci, la marea festosa dei nostri piccoli amici ci accompagna in massa correndo, ridendo, salutandoci per un lunghissimo tratto di strada. Mai avremo seguito più bello!!! Attraversiamo la “brousse” (savana) mentre ci dirigiamo a Bafut per visitare il palazzo del Fon (re locale), percorrendo un affascinante (ma massacrante) tratto di sterrato (fortunatamente non dovremo rifarlo a ritroso … sarebbe troppo) che mette ad ardua prova le sospensioni delle moto ma anche le articolazioni e l’abilità dei piloti. Abbiamo scelto il percorso attraverso la “brousse” per vedere il più da vicino possibile le scimmie nel loro habitat ma l’impegno alla guida è tale che l’osservazione diventa difficile e …. il rombo delle moto fa il resto! Al nostro arrivo a Bafut notiamo un gran movimento di funzionari che, capeggiati da una Madame dall’aria scostante, confabulano tra loro lasciandoci ad aspettare sotto il sole e, dopo il lungo conciliabolo, ci chiedono l’equivalente di 38 euro per la visita al palazzo che, normalmente, è gratuita, tutt’al più si lascia una mancia o si porta al Fon una bottiglia di whiskies per cortesia. Invece di praticarci l’abituale sconto per comitive (siamo in 10) mettono in atto un “ladrocinio” (lo stipendio di un operaio è di 32/35 euro mensili), offesi non vogliamo sottostare e ce ne andiamo. Lasciata Bafut vediamo in lontananza una gran folla, spinti dalla curiosità rallentiamo e….che colpo di fortuna! Si sta celebrando di un “funeral” una importantissima cerimonia commemorativa. Il “celebrato” è mancato nel 1918 e oggi che i parenti hanno il denaro sufficiente danno una grande festa onorano così l’antenato e, al contempo, aumentano il prestigio sociale della famiglia. Ci sono i più importanti capi locali, convenuti da tutto il circondario, indossano i loro abiti tribali più belli, sono armati di fucili tradizionali (non lesinando le cartucce sparano sovente in aria facendoci trasalire), bevono nei bellissimi corni di bue riccamente intagliati una bevanda ricavata dalla fermentazione del Jakfruit che, pur non avendo il gusto alcolico della nostra grappa ne eguaglia la potenza (garantisco avendolo assaggiato in altro contesto) e, a onor del vero, di sobri, all’interno della festa ne vediamo ben pochi. I presenti si uniscono a turno ai vari “corpi di ballo” formati da gruppetti di donne di tutte le età che abbigliate allo stesso modo danzano in cerchio cantando a squarciagola accompagnate da alcuni arcaici strumenti musicali e tenendo a turno ben in mostra la foto del celebrato (vero cimelio d’antiquariato). Dapprima sorpresa, poi ilarità generale e grande consenso ottiene Daniele quando “tout à coup” si getta nella mischia e danza con le donne. E’ fatta li abbiamo conquistati! Ci invitano dentro casa, ci presentano alle massime autorità, vogliono farsi fotografare con noi e …ci offrono l’infernale succo del Jakfruit. Guardando la caraffa e pensando alle modalità igienico-sanitarie di preparazione rivedo l’intero Prontuario medico per il Viaggiatore e mi sgomento. Secondo l’etica sarebbe gravissimo rifiutare, ma lo è anche rischiare. Il momento è grave ma, fortuna vuole, che arrivi un “parente importante” che apostrofa come incompetenti i generosi mescitori, toglie di mezzo la caraffa equivoca mettendoci in mano bibite stappate di fronte a noi e immacolati bicchieri usa e getta. Abbiamo salvato faccia e amicizia! Riprendiamo strafelici la strada consapevoli che, essere piombati-dentro ad un “funeral”, che è uno dei più importanti riti tribali del Camerun, accolti dai festeggianti come vecchi amici, è stata davvero una chance che ci ripaga “alla grande” della mancata visita a Bafut.
Sabato 19 febbraio Bamenda – KumboKm 109
Diretti a Kumbo oggi affronteremo la mitica “Ring Road” un percorso circolare lungo 367 km (non potremo percorrerlo nella sua totalità per la caduta di molti ponti) che parte da Bamenda e tocca, in senso antiorario, alcuni importanti centri come Kumbo e Nkambe (importanza, grandezza e sviluppo, sono sempre relativi al luogo) e tanti minuscoli villaggi dove l’itinerario si snoda in un paesaggio incantevole fatto di dolci colline, di montagne, cascate, regni tradizionali. Ci ha raggiunto il Capitano Amidou assegnatoci dall’amico Generale Ngambou per scortarci per alcuni giorni in questa “selvaggia regione”. Il capitano (mt 1.98 per 130 kg) sarà il nostro angelo-custode-con-Kalashnikov…dal-colpo-in-canna. Ci seguirà sul furgone-appoggio per proteggerci dai “couper de route” (tagliatori di strada) feroci banditi che sbarrano con alberi tagliati e rami la strada costringendo i malcapitati a fermarsi per mettere in atto rapine, spesso col morto. Stentavamo a credere alle nostre orecchie quando il capitano ci ha tenuto un breefing spiegandoci le modalità da attuare. Con la massima naturalezza, ci ha chiesto, in caso d’attacco da parte dei banditi, di gettarci immediatamente a terra per toglierci dalla traiettoria di tiro, udito il primo sparo, poiché, solo quello, andrà a vuoto, i successivi verranno sparati per colpire e uccidere i malviventi. Ohhhh qui si fa sul serio!!! Dopo l’iniziale stupore quasi quasi mi sento Indiana Jones! Percorrerò la celebrata e malfamata “Ring Road” e compiaciuta e un po’ eccitata stoicamente mi preparo ad affrontare gli eventuali pericoli… oltre al solito polverone e agli inevitabili sobbalzi destinati al passeggero per giunta con telecamera! Ma il percorso ci riserva unicamente “sudore e polvere” tranne quando, fermi per sostituire una gomma forata, ci passa placidamente vicino una mandria di spettacolari, enormi, buoi gibbosi dalle lunghe corna … tutto qui!!! Così, in fondo in fondo un po’ delusi, (sarebbe stato un grandissimo scoop incontrare i banditi o …. anche no!!!) sempre salendo, lasciamo la Ring Road per addentrarci nel cuore dei Grassfields la zona degli altipiani nord-occidentali. Arriviamo a Shissong (Kumbo) quasi al tramonto. Quando vediamo l’alloggio “very very basic” che ci tocca, in una missione cattolica, non ne siamo proprio entusiasti ma … quello è! Lo ribattezziamo “Grand Hotel Excelsior” e la buttiamo in risa e se stiamo a vedere… l’accoglienza è simpatica, i letti ci sono (sbilenchi e polverosi) la doccia pure (toccando i rubinetti si prende la scossa) l’acqua calda però è un miraggio (siamo a 2.000 m. e tramontato il sole la temperatura scende a 15°). Ah, dimenticavo, i topi, ed erano tanti, si sono esibiti, tutta la notte, in una fantastica “dirty-dance” sulla sottile lamiera del tetto … coinvolgendoci nostro malgrado!!!
Domenica 20 febbraioKumbo – Ndu – Mbot - Nkambe – Kumbokm 140A questa altitudine l’aria del mattino è pungente ma dopo la notte snervante è quello che ci vuole per ripartire. Anche oggi dovremo affrontare un bel tratto di polverosa, impegnativa e sterrata Ring Road. Arrivati a Ndu un mare di verde ci accoglie. Sono le sconfinate coltivazioni di the che coprono ettari ed ettari di terreno ripartito, con funzioni di frangivento, da colossali e profumati eucalipti, una visione spettacolare che merita una bella sosta per essere apprezzata in pieno. Riprendendo il viaggio raggiungiamo il piccolo villaggio di Mbot dove risiede il Fon (re locale) che ci accoglie amabilmente e ci invita in casa, solo io e Maurizio (…una questione gerarchica) visto che veniamo presentati come capi del gruppo e ci mostra i suoi tesori. Osserviamo vivamente interessati trofei di caccia e pelli di animali, sedili decorati da conchiglie e perline, vecchie pose in bianco e nero scattate durante le grandi occasioni con re delle vicine tribù, oppure con qualche europeo in perfetta tenuta coloniale, foto dei villaggi e delle genti come erano non più di 50 anni fa: il sogno di ogni esploratore europeo. Non sapevamo di incontrare il re e non abbiamo niente da offrire in dono, Maurizio si tasta le tasche sconsolato ma quasi sorpreso ne toglie 4 adesivi del nostro moto club e li porge al Fon che va in visibilio come se gli avessimo regalato chissà che! La scena quasi ci commuove. Il Fon, un’ anziano signore garbato ci racconta del suo paese di com’era e di com’è, domanda dell’Italia, del nostro viaggio in Camerun e infine ci congeda come vecchi amici. Intanto donne e bambini del villaggio, esciti fuori numerosissimi da ogni dove, rimangono timorosi ad osservarci a rispettosa distanza parlottando e ridendo riservatamente tra loro, sono bellissimi! Che bel ricordo serberemo di questo incontro! Si è fatto pomeriggio e quando riprendiamo la strada un unico desiderio ci anima, trovare qualcosa da mettere sotto i denti! Per farlo dovremo spingerci fino a Nkambe e … non è facile neppure lì trovare brochettes (spiedini di carne) adatte a stomaci e sistema immunitario europei, ma The President dopo aver girato per il villaggio (ovviamente in scrambler e con dietro Evariste quale luogotenente pencolante sulla sella) ritorna con degli spiedini dall’aspetto quasi-invitante e ci sfama tutti anche oggi! Intanto sulla strada che percorriamo a ritroso per raggiungere nuovamente Shissong (dove pernotteremo anche stanotte) è piovuto quel tanto necessario a bagnare bene la strada sterrata ma non abbastanza per formare i soliti stagni (non si formano pozzanghere in Africa) che rendono la percorrenza, già dura, un vero disastro. Non ci sembra vero di viaggiare sullo sterrato senza polvere, vedere il panorama senza quel solito velo e poi che dire del mare di smeraldo luccicante formato dalle tenere foglioline bagnate del the? Che meraviglia! Ma la giornata di sorprese ce ne riserva ancora! Poco prima di Shissong udiamo una musica talmente alta da coprire il rombo delle nostre marmitte (che è tutto dire), vediamo un assembramento di signore vestite e acconciate a festa (e qui le Madame sull’ eleganza non scherzano) e noi che facciamo? … ci tuffiamo nell’evento! E’ una festa di sole donne dove veniamo accolti con entusiasmo (…gli uomini, io sono completamente ignorata) offrono dolci e bibite, (agli uomini! quando io allungo la mano mi spostano il vassoio!) civettano a più non posso e si combattono per avere il privilegio di ballare con i ragazzi. Chi l’avrebbe mai detto che questo manipolo di maschi italiani, non proprio di primo pelo, stazzonati e coperti di polvere avrebbe riscosso tutto questo successo!?! La nostra sosta comunque è breve, sta per calare il tramonto (viaggiare col buio sarebbe troppo pericoloso) e ci tocca rientrare, ma che spasso!!! Anche il solito Grand Hotel Excelsior ci sembra più accogliente al nostro rientro!
Lunedì 21 febbraioKumbo – FoumbanKm 108Al mattino si riparte da Kumbo dopo aver ascoltato ancora una volta le “istruzioni-per-l’uso-contro-i-banditi” del simpatico Capitano Amidou, oggi si attraversa una zona di brousse (boscaglia) particolarmente pericolosa e completamente sterrata. La tensione per il pericolo viene presto superata dalla concentrazione nella guida: lo sterrato in questi 108 km è talmente accidentato da essere, per questo manipolo di motociclisti, un pericolo ben più tangibile di ipotetici banditi. L’unica avventura ce la procurano i nostri due autisti che dimenticano aperta la porta posteriore del furgone che ci accompagna trasportando bagagli e attrezzature e … si perdono una ruota. Casualmente me ne rendo conto e tornati sui nostri passi recuperiamo la preziosa ruota, ma non la fiducia, già di per se molto scarsa, sull’efficienza dei nostri autisti già soprannominati:Due Fulmini di Guerra. Finalmente si arriva a Foumban sede del sultanato di Bamoun (dinastia risalente al 1394) uno dei luoghi più interessanti del paese per arte e cultura. Troviamo alloggio in un albergo quasi degno di questo nome e ne siamo davvero contenti non fosse che manca l’acqua chepazientemente aspettiamo per 2 ore col nostro bello strato di polvere addosso al quale sentiamo di iniziare ad affezionarci. Abbiamo tutto il pomeriggio davanti, ci si gode un po’ di riposo e ci si dedica a qualche lavoretto di manutenzione alle moto e all’attrezzatura provata anch’essa dalla polvere e dai sobbalzi. Verso il tramonto quando la temperatura si fa più gradevole usciamo in moto per un giro della città e… non passiamo di certo inosservati! Veniamo subito affiancati da un folto sciame di ragazzi in sella ai soliti scassatissimi motorini cinesi o coreani che si sbracciano per attirare la nostra attenzione e, da non credere, assoldano con noi una vera e propria competizione sfrecciando in mezzo al traffico chiassoso e scompaginato con una baldanza e temerarietà tale che traluce vera follia!!! I fans più accaniti del nostro tour cittadino sono comunque i proprietari dei negozietti del Village des Artisans (uno dei luoghi migliori del Camerun per acquistare oggetti di artigianato) e delle bottegucce di souvenir che vogliono strapparci la promessa di una visita ai loro negozi e, dire che sono insistenti, è un mero eufemismo.
Martedì 22 febbraioFoumban – Bafoussam90 KmOggi, dopo la solita discussione sul conto dell’hotel, (al mattino la somma non è mai quella pattuita la sera prima) che stavolta però si protrae più del solito e si fa più accanita, visiteremo il Palais Royal. L’immenso palazzo fu fatto edificare all’inizio del XX secolo dal sedicesimo sultano della dinastia Bamoun, Ibrahim Njoya che si ispirò all’architettura di sapore teutonico della residenza del governatore tedesco di Buea. Al secondo piano è allestito un affascinante e curato museo (che vale veramente la pena di visitare) in cui sono custoditi i beni del sultano tra cui diari, scritti, abiti reali, gioielli e suppellettili, strumenti musicali e gli immancabili strumenti di tortura e paramenti da guerra. All’uscita dal museo veniamo accompagnati in una sala da musica dove un gruppo di giovani ci erudisce su musica e strumenti musicali tradizionali camerunesi, ce ne fa ascoltare le melodie (si fa per dire) ma, soprattutto, ci assilla per venderceli e, una volta liberati, fuori dal palazzo, non ci aspetta sorte migliore poiché troviamo l’agguerrito manipolo di venditori che ci attende da ieri. Iniziano così le divertenti, ma estenuanti, contrattazioni con le quali gli africani fanno di solito crollare snervati i turisti … di solito ma non questa volta! Vinti i bottegai ce ne andiamo a visitare il coloratissimo Grand Marchè dove le variopintebancarelle di tessuti e delle immancabili ciabatte di plastica cinesi (che hanno “calzato” l’Africa) si mescolano a quelle di pesce secco e di carne (o di mosche?) di verdure, di frutta, a quelle che vendono ricariche per i cellulari, diffusissimi nonostante i costi proibitivi. Ma sono le sopravvissute bancarelle di articoli-per-medicina-tradizionale–e-pratiche-magiche che calamitano la mia attenzione e, vinta la repulsione rimane in me la profonda attrazione esercitata dal fascino di questa cultura arcaica confusa tra sapere e leggenda, sopravvissuta al progresso, e mescolata a plastica e ai cellulari. Qui si possono comperare serpi e insetti disidratati, crani di scimmie e zampe di animali (cranio e zampe di gatto nero sono pregiatissime per preparare sortilegi) ossa e denti di ogni foggia, erbe e radici essiccate, pietre con attribuzioni miracolose e fialette contenenti strani liquidi (rifiuto di sapere che siano) che, triturati e miscelati secondo antiche ricette saranno usati per preparare pozioni magiche o curative, le più richieste: quelle che incrementano la potenza sessuale, primo obbiettivo dell’africano (…non solo) dagli 8 agli 80. Il nostro viaggio riprende alla volta di Bafoussam una più che animata cittadina commerciale che di turisticamente interessante ha poco. Ma il motivo per cui siamo qui è un altro, l’incontro con Maria Negretto una missionaria riminese laica (40 kg di ferrea volontà) direttrice di un presidio medico orientato alla prevenzione e cura della salute. Abbiamo portato a Maria pregiati medicinali che lei definisce “una grossa mano della provvidenza” e, in virtù della collaborazione degli AMICI DELLO SCRAMBLER con Banca Malatestiana e alcuni generosi riminesi le consegniamo un assegno a sostegno all’opera che da 36 anni compie in Camerun. Anche il cuore dei motociclisti batte per l’Africa!
Mercoledì 23 febbraioBafoussam - Douala 264 KmIl cerchio formato dall’itinerario del nostro tour sta per chiudersi, l’avventura sta per concludersi, ci dirigiamo alla volta di Douala viaggiando immersi nel verde accanto a tratti di giungla ed estese piantagioni di ananas e banani che ci regalano un panorama meraviglioso e qualche piega. Alt!!! L’avventura continua!!! Qui la strada è asfaltata … si fa per dire, visto che le buche che ci si parano davanti sarebbe meglio definirle voragini. E che dire dell’asfalto che finisce improvvisamente per 50/100 mt con un salto di 15/20 cm rigorosamente dopo una curva? Dei terrificanti automobilisti che a folle velocità sorpassano i camion per giunta sbandando mentre ti guardano negli occhi e invadono completamente la tua carreggiata costringendoti a saltare in banchina (che dove c’è, è quello che è), … vogliamo parlarne? Questo è il pericolo! Altro che giungla, banditi, ragni e serpenti velenosi! Provati dall’esperienza decidiamo di fare una sosta per il pranzo quando, attraversando un villaggio, vediamo sui lati della strada les dibieteries (i rosticcieri). In Africa ingegno e riciclaggio ti permettono di iniziare un’attività; in fondo la tecnologia non serve e le ASL chiudono sicuramente un occhio! Aprendo una botte di lamiera da due quintali alle due estremità la si appoggia sul suolo praticando un’apertura a livello del terreno dove si introduce la legna da ardere, all’estremità superiore si appoggia della rete di ferro sulla quale si arrostisce la carne, ed è fatta. Unica distinzione tra “rosticcieri” è che, i musulmani vendono carne di capra, gli animisti o i cristiani quella di bue. Probabilmente i fedeli di altre confessioni, se vi sono, si astengono dedicandosi ad altro! La carne è dura, ma saporita dato anche il quintale di spezie piccantissime, che oltre alla fame, e alla onnipresentecoca-cola aiuta a trangugiare tutto, a fine pasto un’ ananas ci fa da dessert e rinvigoriti ci avviamo verso Douala che già si annuncia, mano mano che ci avviciniamo, con il suo caldo soffocante. Arrivati piuttosto stremati in albergo la vista della piscina ci appare come un miraggio! Le tenebre ci sorprendono che siamo ancora a bagno, qui non si rischia di certo di prender freddo e l’umidità dentro o fuori dall’acqua è la stessa, altro vantaggio è potersi immergere durante i mosquito-attack messi in atto al tramonto e, per togliersi definitivamente dai pori la polvere del Camerun ci vorranno ancora un imprecisato numero di immersioni.
Giovedì 23 febbraioDouala – Kribi – Dintorni di Kribì 203 KmOggi si va a Kribì, principale località di villeggiatura del Camerun, per qualche giorno di sole e di mare in pieno relax prima del rientro cioè … i ragazzi vanno a Kribì io ho la febbre piuttosto alta per una forte laringite e Maurizio rimane con me a Douala visto che … “in salute e in malattia” promettemmo l’un l’altro. Ci annoieremo un po’ ma i libri ci faranno buona compagnia. Per raggiungere Kribì c’è un’unica strada che fiancheggia la costa, 170 km di buona (aggettivo relativo all’Africa) strada asfaltata, poi lunghe spiagge bianche con palme e mangrovie, turismo-quasi-attrezzato, ottimi ristoranti. E’ sempre Africa, ma qualche scorcio è davvero incantevole (garantisco per esservi già stata).
Venerdì 24 febbraio Kribì – Lobè - Kribì74 KmMa Kribì par non sia la terra promessa! I ragazzi stremati da caldo e zanzare, dopo aver girovagato (incalzati senza tregua da poliziotti avidi) e visitato le straordinarie cascate di Lobè (tra le poche cascate al mondo che precipitano direttamente in mare), un po’ annoiati (Kribì non è Rimini) meditano il rientro a Douala. Mi piace anche pensare che sentano un po’ la nostra mancanza! …
Sabato 25 febbraioKribì – Douala170 kmDopo un bagno in mare e un’ultima scorpacciata degli ottimi gamberi del Camerun (dal portoghese Camaroes “gambero” deriva il nome del paese ) “i nostri” ritornano a Douala. Riccardo torna a bordo del furgone in balia della guida, non proprio da manuale, dei nostri due “Fulmini di Guerra”. La moto lo ha lasciato a piedi ed essendo alla fine del viaggio, d’accordo con Lauro e Cristiano (il nostro duo di impagabili meccanici), non ha ritenuto necessario aggiustarla on-the-road.
Domenica 26 e Lunedì 27 febbraioDoualaLa nostra avventura è agli sgoccioli, ci si riposa prendendo il sole a bordo piscina, l’ultimo prima di affrontare nuovamente i rigori dell’inverno che ci aspettano al rientro in Italia. Si lavora ai rilassati ritmi africani, visto il caldo, per rimettere in ordine e preparare moto e attrezzature per caricarle nuovamente nel container. Le attrattive di Douala le possiamo riassumere in due parole: soffocante e deludente ma, una nota di merito, la dobbiamo ai suoi ottimi ristoranti dove si gustano eccellenti piatti a base di carne o ancor meglio di pesce a volte, più soddisfacenti dei migliori ristoranti italiani. Peccato però che la soddisfazione te la facciano passare alla presentazione del conto quando, sempre o quasi sempre, trovi addebiti ingiustificati o l’aggiunta del 20/30% per il servizio su prezzi già di standard quasi europeo, quindi … si avviano colorite discussioni! Poi fuori dal ristorante i taxisti danno il colpo di grazia alla digestione esigendo una tariffa/taglieggiamento praticamente 3/5 volte il prezzo dell’andata e, se non vuoi tornare in albergo percorrendo a piedi le infide strade di una delle città più pericolose del mondo praticamente con la certezza di passare un “gran brutto momento” ….
Martedì 28 febbraio Douala – RomaOggi i nostri compagni rientrano in Italia li saluto, non senza un attimo di commozione quando, con indosso la divisa del team Camerun, salgono sul taxi che li condurrà all’aeroporto e ripensando ai giorni trascorsi assieme, ai tanti momenti, qualcuno brutto, ma tanti belli, alla fatica, ai non pochi disagi, al divertimento, alle risate posso dire, di questo team eccezionale, che ha affrontato questo viaggio difficile con stoicità, generosità e uno spirito di gruppo da manuale. Camerun un paese problematico da visitare, ma non impossibile per chi sa mantenere la calma e credetemi la lotta è stata incessante ma il forte legame solidale creatosi coi nostri compagni e questa avventura: meravigliosa e insopportabile, sono certa che lascerà in tutti noi e, per sempre, al di la dell’impagabile esperienza, il ricordo magnifico che solo le storie difficili sanno lasciare.
Malgrado le non poche difficoltà ambientali, delle quali eravamo comunque consapevoli e preparati ad affrontare, il Camerun ci ha soggiogati con i suoi colori, l’incanto dei luoghi, la lussureggiante vegetazione, la giocondità dei suoi abitanti, la timida bellezza dei bambini e, perché no, la buona cucina. Abbiamo visitato la parte sud ovest del Camerun(paese vasto quanto la Spagna) partendo da Douala e visitando le località di Limbe, Kumba, Dschang, Bamenda,Bali,Bafut,Kumbo, Nkambe, Foumban, Bafoussam, Kribi e rientro a Douala, percorrendo 1.750 km. di cui 400 km di sterrato con qualche tratto (neppure troppo corto) seriamente impegnativo. La polvere, fedele compagna di viaggio, ci ha accompagnati sempre, sia sull’asfalto che, ancor meglio, sui lunghi tratti di sterrato quando incrociando altri mezzi ci velava quasi completamente la visuale come le inverosimili dense fumate dei grossi camion che affrontano penosamente le salite, assurdamente sovraccarichi. Il terribile caldo umido che ci ha attanagliato i polmoni al nostro arrivo a Douala, ci ha abbandonato solo per poche giornate e solo quando l’altitudine superava di parecchio i mille metri.Viaggiare on the road in Africa significa affrontare non pochi disagi e trovarsi a volte in situazioni che, definirei non-proprio-piacevoli, ma abbiamo altresì avuto l'impagabile opportunità di conoscere persone meravigliose, addentrarci nella realtà africana, vivere a stretto contatto con la natura. Considerando che gli scrambler sono quei bellissimi-oggetti-cromati-creati-35-anni-fa dobbiamo proprio dire che è stata una gran bella avventura in cui ognuno ha dato il meglio di sé iniziando dalle moto che, sembrando-capire-le-difficoltà-del-viaggio, hanno collaborato splendidamente. Reduci dal più-che-provante-tour, oggi possiamo dire che...
la sfida è vinta!